Nonostante negli ultimi decenni sia stato soppiantato in cucina dal più pratico ma anche più prosaico “frullatore”, il mortaio resta un utensile amatissimo, tanto che è difficile trovare un’abitazione genovese in cui non sia esposto in bella vista, anche solo per rappresentanza.
Se oggi il suo utilizzo è limitato a pochi fedelissimi, il mortaio ha però alle spalle una lunghissima e prospera storia, che parte dal Medioevo e arriva fino ai giorni nostri.
Ora, anziché “pesta l'aegua in to mortä” (“pestare l’acqua nel mortaio”, perdere tempo), ci immergiamo nel racconto di alcune delle curiosità che lo riguardano, così come una trofia si immergerebbe nel pesto Danielli.
Cos’è il mortaio?
Il mortaio è un recipiente di marmo, pietra, ottone, bronzo, legno o altri materiali, utilizzato fin dall’antichità in cucina, farmacia, chimica ed erboristeria, per ridurre in polvere o in poltiglia i vari ingredienti grazie all’aiuto di un pestello, come ci ricorda anche l’origine del suo nome: dal latino volgare “mortarjius”, a sua volta da “mortare” (fare le parti).
Nel corso dei secoli, l’importanza di questo utensile è stata così rilevante da vederlo trasformato anche in oggetto d’arte, impreziosito e arricchito dalle sapienti mani dei maestri del bronzo e collezionato dalle ricche famiglie europee del tardo Medioevo.
Perché utilizzare un mortaio?
Dopo essere stati uno degli strumenti principali delle giornate lavorative di farmacisti, chimici, erboristi, cuochi e pasticceri, i mortai sono oggi ridotti a meri soprammobili con cui abbellire casa. Vuoi per comodità, vuoi per la vita frenetica che facciamo, la tradizione di utilizzarli - soprattutto in ambiente domestico - è andata perdendosi, ma questo non significa che non si possa riscoprire.
Sostituire il frullatore con il mortaio nella preparazione di qualche ricetta, può essere un modo per riempire le domeniche di pioggia, divertirsi assieme ai bambini e far provare loro l’emozione di qualcosa “realizzato a mano”, o mettersi alla prova per una cena con gli amici. Inoltre, il mortaio non richiede altra energia se non quella muscolare e non comporta sprechi di parti in plastica, riducendo notevolmente l’impatto ecologico, anche per la durata più lunga dello strumento nel tempo.
Quali ricette si possono realizzare con il mortaio?
Da buoni genovesi, le prime due preparazioni che citiamo non possono essere che il pesto e la salsa di noci.
Volendo azzardare oltre Regione, il mortaio può essere utilizzato anche per preparare il pesto di rucola o di pistacchio, l’aglio orsino (aglio, grana, pecorino e mandorle), il pesto di capperi (aglio, basilico, menta, origano, pomodori Pachino e capperi) o, ancora, il pesto alla trapanese (basilico, aglio, olio, mandorle e polpa di pomodoro).
Chi si sentisse di uscire addirittura fuori dai confini nazionali, può mettersi alla prova con il salmorejo di Cordoba (Spagna) o il guacamole e la salsa roja (Messico).
Come si fa il pesto genovese col mortaio?
La tradizione vuole che il primo passo per realizzare un pesto col mortaio a prova di mugugno, sia tritare sale e aglio fino a ridurre tutto il composto a una consistenza cremosa. A seguire si aggiungono le foglie di basilico fresche, si pestano e si arricchiscono con pinoli, parmigiano, pecorino e olio extravergine, rigorosamente in sequenza.
E poi si mangia, con i gnocchi o le trofie Danielli.
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